Michela Moro
Leggi i suoi articoliMentre i numerosi analfabeti digitali sono ancora in difficoltà con smartphone e collegamenti, un altro mondo, attivissimo, corre su autostrade infinite e già densamente popolate. Il cambiamento è il risultato della convergenza di mille rivoli nel progresso ormai inevitabile, cui il misterioso Satoshi Nakamoto ha dato un contributo fondamentale con un’invenzione tra le più multidisciplinari: la blockchain.
Bisogna partire dal 2008, anno in cui Satoshi (forse un gruppo di esperti) l’ha creata, fissando a 21 milioni di bitcoin la valuta utilizzabile, e ha creato la più grande rivoluzione nella tecnologia e nelle comunicazioni, in linea con la decentralizzazione delle informazioni com’è stato per l’invenzione della stampa e di internet. Come internet fu guardato con iniziale sospetto perché metteva in discussione il monopolio dell’informazione, così il bitcoin toglie alle banche centrali il monopolio del denaro.
Il passaggio da un’estrema centralizzazione a una grande decentralizzazione comporta ovviamente forti resistenze, anche se questi eventi furono inizialmente quasi ignorati dalla comunità. «Il bitcoin risolve la differenza tra denaro di mercato, non inflazionabile, e il denaro fiat (la moneta tradizionale) infinitamente inflazionabile, spiega Giovanni Birindelli, professore a contratto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano.
La blockchain è un registro distribuito, in cui vengono annotate tutte le transazioni in bitcoin, quindi è un sistema enormemente inefficiente: come se, al posto di un unico grande libro con molte pagine, esistessero mille diversi libri che devono continuamente aggiornarsi tra loro per mantenere corretto il numero delle pagine. Questo serve a rendere inattaccabile il bitcoin, moneta sana che, se fosse basata su un unico registro centralizzato, sarebbe già stata colpita e affondata dal Grande Aggressore, lo Stato, che ha sostituito con la forza l’oro col denaro fiat.
Se la blockchain è resistente alla censura, tenere aggiornati contemporaneamente tutti questi registri senza un registro centralizzato è quasi impossibile. Satoshi ha risolto il problema con un sistema d’incentivi economici. La blockchain è costituita da una serie di blocchi chiamati appunto registri che oggi sono circa 80mila, diciamo i libri di cui sopra ordinati in maniera sequenziale e tenuti aggiornati dai miner, i «minatori» che si occupano che ci sia un corretto legame crittografico che identifica le transazioni e le convalida, in modo completamente pubblico.
Per «attaccare» in modo sequenziale queste pagine i miner spendono moltissima energia risolvendo problemi matematici molto complessi e artificialmente generati». L’enorme energia necessaria al mantenimento dei registri è stata creata apposta da Satoshi per resistere alla censura e rendere la blockchain assolutamente sicura. Se questo lavoro non costasse energia, il sistema sarebbe molto vulnerabile. I miner ricevono come compenso bitcoin di nuova emissione che entrano così nel mercato. Queste operazioni, che un tempo potevano essere svolte da un computer domestico, sono affidate a grandi società di hardware. È un costo chiamato gas fee che viene sempre aggiunto alle transazioni».
Digitale ma non per tutti
Si avvantaggiano della tecnologia blockchain circa 1.600 diverse criptovalute, ma non tutte hanno alle spalle una visione scientifica precisa quanto il Bitcoin. Questo avviene specialmente ora che la bolla d’interesse è al massimo, ma bisogna prestare grande attenzione a quale blockchain si utilizza, per evitare smart contract appoggiati su catene con blocchi non sicuri o con poche garanzie di solidità, in un mare magnum dove tutto si può abbandonare facilmente.
I bitcoin sono divisibili in unità più piccole chiamate satoshi, ognuna delle quali vale 0,00000001 bitcoin. Le variazioni sono fortissime. Nel 2014 un bitcoin poteva valere circa 90 dollari, nel 2020 è arrivato a più di 51mila dollari, in questi giorni è attorno ai 28mila dollari. L’Ethereum valeva circa 1 dollaro nel 2014, è arrivato fino a 3.200 dollari, e lo scorso maggio era circa 1.741 dollari. Se la blockchain è un’architettura nata e studiata per un bene fungibile, Ethereum è invece il luogo per la gestione di smart contract e la creazione di Nft, Non Fungible Token.
Gli Nft consentono ai creatori di contenuti digitali di averne il controllo; sono un titolo di proprietà digitale, una certificazione basata sulla crittografia di garanzia e unicità. Un Nft è un token, un gettone con un valore proprio, che ha la proprietà di essere unico e irripetibile, e che include al suo interno una serie di informazioni che non possono essere cambiate e che lo rendono tale. Non può essere parcellizzato e può servire sia come rappresentazione o oggetto digitale, se così si può dire, sia come contratto di proprietà del medesimo: lo smart contract.
Questo smart contract rende l’Nft unico nella proprietà, anche se circola liberamente, come nel caso di un’immagine, ma anche nella sua autenticità. È un certificato di autenticità digitale che include la firma dell’artista e tutte le informazioni, inclusi gli eventuali passaggi di proprietà con il vantaggio dell’assoluta trasparenza.
Si parla di Nft per i record che alcune opere d’arte hanno toccato in asta, ma l’Nft è di dominio pubblico e applicabile a qualsiasi argomento, tant’è che abbiamo visto trasformati in Nft il primo Tweet e l’Nba ha lanciato NBA Top Shot, piattaforma per collezionismo digitale dove gli utenti possono acquistare, vendere e scambiare «moment», ovvero momenti video salienti della Nba con licenza ufficiale numerata; la musica e la moda sono presenze costanti.
«Utilizzando una metafora, il Bitcoin è il ripristino e miglioramento (a spese di privati) di una foresta millenaria (il denaro di mercato, non inflazionabile) che è stata distrutta da una bomba atomica (il denaro fiat infinitamente inflazionabile) lanciata da un potentissimo aggressore (lo Stato): in questo senso il bitcoin è rivolto anche al passato, conclude Birindelli.
È, fra le altre cose, anche un’opera di ripristino e di ricostruzione di qualcosa che c’era e che è stato abolito con l’uso della forza, e la cui abolizione ha creato dei problemi enormi. Gli Nft sono, proseguendo nella metafora, l’aggiunta di un nuovo pezzo di foresta a una foresta (quella dell’arte) che non è stata scalfita: la rarità non è mai stata abolita nell’arte, con gli Nft viene aggiunta in un settore in cui prima non c’era: i contenuti digitali. In questo senso, a differenza di Bitcoin gli Nft sono rivolti solo al futuro: in nessun modo al passato».
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